Geofocus

riflessioni speleo

e poi, arriva chi conosce già ogni cosa 

e poi ?

E Poi?
…..e poi, mentre il sole bacia i tuoi occhi penetrando le foglie del bosco, 
scorgi una fenditura, e ti avvicini, muovendoti su un sentiero inesistente, 
tra sassi sconnessi e foglie cadute senza farsi male. 
E sei li, 
davanti a quel buco, quell’anfratto, quel diaframma che separa il giorno dalla notte, vorresti farlo ma…. non ci pensi ed entri.
Entri come una volpe nella sua tana, 
ma tu non sei volpe e quella non è tana.
Ormai sei dentro di un passo, ma senti di non poter tornare indietro,
perché l’incanto ti avvolge, la notte ti stringe, 
lo scendere ti riassume e 
il mistero ti prende.
Ora sei fratello del buio e del silenzio.
 
E poi?
…e poi, il silenzio è rotto solo da respiri flebili, dallo strisciare sull’ostile roccia, qualcuno parla, ma non capisci, 
qualcuno soffre ma non lo senti, 
ti aspetta un pozzo, un pozzo profondo 
e tu sei lì.
 
E poi?
…e poi scendere, scendere giù, in profondità, 
appeso a un filo, dove il buio sembra farsi più carico 
e il respiro più intenso ma continui a scendere. 
Giù, via, puntando i piedi sulla roccia, 
a volte scivola il tuo appoggio 
e ci sbatti contro, ma continui, scendi, 
scendi ancora più giù. 
 
Scendi per trovare una risposta, 
scendi per cercare chi ti chiama, 
scendi per forzare un istinto.
La luce è ormai lontana ma a lei non ci pensi più, 
non puoi. 
 
E poi?
…e poi dopo il fosso, 
dopo il baratro, 
dopo l’abisso c’è un tunnel, 
procedi a passo lento su sassi logori almeno quanto te,
ma sai che ti avvicini alla tua essenza, 
ti accosti a ciò che non sai, 
ti appoggi a ciò che non cerchi.
ti confronti con chi pensavi di essere.
 
E Poi?
… e poi ancora giù a strisciare tra meandri e strettoie, 
a pancia in terra, avanzare sul ventre muovendoti con gambe e mani 
e in fondo al tunnel si apre uno scenario, 
uno scenario di meraviglie, 
il teatro dalla vita del mondo, 
un meraviglioso scrigno di bellezze a te taciute. 
Ma tu, 
tu sei ancora nel fango umido
sporco  di terra e di sterco, 
ma poco importa,
il tunnel continua
il tunnel è lì,
il tunnel è lungo e tu graffi la roccia.
 
E poi, un abbaglio, uno stupore ti illumina il volto, 
come il sole tra le foglie del bosco. 
Resti incantato mentre il respiro grosso non ti lascia ancora. 
Scopri che c’è ancora da scoprire, 
vedi che c’è ancora da vedere 
provi che c’è ancora da provarsi, 
bisogna procedere, 
e procedi.
 
Procedere talvolta a testa alta, 
talvolta curvi reclinando il capo, 
non per prostrarsi, ma per rispetto, 
rispetto di quel luogo che incute timore reverenziale, 
rispetto di quel sito che vive e 
vive nel silenzio,
rispetto verticale, 
dove in ogni momento è in aguato l’ansia. 
L’ansia di non farcela, il timore di non passare, 
il sospetto di non essere adeguato 
l’inquietudine di sentirsi impreparato, 
di commettere un errore fatale.
E Poi? 
…e poi ti trovi ancora a scendere, 
continui a scendere sul filo che stride sotto il tuo peso, 
ma la paura, 
la paura talvolta ti prende talvolta ti lascia 
e non puoi guardar giù non ne hai il tempo, 
non ne hai la forza;
non puoi guardar su, conosceresti cosa ti tiene vivo
e ti aggredirebbe  l’orrore del tuo corpo,
scopriresti la sforzo di chi ti tende la mano,
vorresti essere una foglia, ma sei cristallo.
E allora?
Allora vai, 
procedi, 
conosci, 
striscia, 
alza la testa, 
tienila giù, 
sbatti, 
salta, 
arrampicati, 
scendi, 
e ancora paura, 
poi stupore.
E poi?
…poi,  mentre il sole bacia i tuoi occhi penetrando le foglie del bosco, 
sei già fuori ma  tieni dentro un’abisso.
 
….Così è l’andare in grotta. Così e guardarsi dentro.
(F.L.)